La co-progettazione è uno strumento affascinante e ricco di potenzialità, che può consentire lo sviluppo di interventi e servizi innovativi e vicini alle esigenze dell'utenza, rivelandosi un'occasione stimolante sia per le pubbliche amministrazioni che per gli enti del Terzo settore. Tuttavia, la sua crescente diffusione, seguita alla sentenza n. 131/2020 della Corte costituzionale, è accompagnata da una serie di complessità pratiche, che richiedono un approccio cauto e consapevole.

La co-progettazione non è un appalto

Per un verso, infatti, non ci si riesce a liberare dell’eredità del parere del Consiglio di Stato n. 2052/2018, che metteva in dubbio la compatibilità di questa modalità di affidamento di servizi con il diritto dell’Unione europea, nella preoccupazione costante – alimentata purtroppo dai giudici amministrativi – di dimostrare che ciò che si sta facendo “non è un appalto”. Al contempo, sembra che le poche regole esistenti in materia si basino su una visione poco realistica delle dinamiche che caratterizzano gli enti del Terzo settore, le pubbliche amministrazioni e i servizi da progettare e gestire.

"Aggiungi un posto al Tavolo"

Uno scenario emblematico di queste complessità è quello dei tavoli di co-progettazione a cui partecipano più enti del Terzo settore. Le Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore (d.m. 31 marzo 2021, n. 72) prevedono infatti la possibilità che le amministrazioni ammettano al tavolo di co-progettazione tutti gli enti che soddisfano i requisiti previsti dall’avviso, oppure quelli che raggiungono un determinato punteggio o comunque un numero predeterminato di enti superiore a uno. Sono molti gli avvisi in cui le amministrazioni si orientano in questo senso, nella speranza di coinvolgere il maggior numero possibile di risorse e competenze, magari coinvolgendo anche enti di dimensioni più contenute. 

Ciò implica che diversi ETS si troveranno a collaborare e, poi, a gestire congiuntamente i servizi progettati, pur senza essersi scelti reciprocamente, come accade, invece, quando si decide spontaneamente di partecipare insieme a una procedura come raggruppamento temporaneo o associazione temporanea di scopo.

Oltre l'ideazione: divisioni di ruoli e responsabilità tra i partecipanti

La possibilità di integrare competenze diverse e punti di vista eterogenei è indubbiamente stimolante, ma questa modalità operativa pone una serie di questioni pratiche di cui si parla ancora poco, a partire da come ci si organizzerà per la gestione del servizio dopo la fase progettuale, visto che, anche se l’art. 55 CTS qualifica la realizzazione dell’intervento come “eventuale”, è evidente che gli enti del Terzo settore impiegano le loro competenze nella fase di progettazione come un investimento, nell’ottica di gestire successivamente il servizio che hanno contribuito a ideare. In tale contesto, diventa cruciale la definizione di come verrà gestito il servizio co-progettato e di come saranno divisi i compiti (e i relativi rimborsi spese) tra gli enti, che magari hanno dimensioni, competenze e impostazioni diverse e che, appunto, non si sono scelti tra loro. 

In proposito, le Linee guida ministeriali si limitano a suggerire genericamente l’ipotesi di un’integrazione fra le proposte progettuali di enti diversi in una proposta “unitaria”, senza però fornire indicazioni operative sul coordinamento dei rapporti tra gli enti, che spesso nella pratica viene lasciato dalle amministrazioni alla buona volontà degli enti partecipanti, con esiti in molti casi problematici e, occasionalmente, disastrosi.

Co-progettazione o sviluppo di reti?

Alla luce di queste criticità, le pubbliche amministrazioni dovrebbero valutare attentamente se vi sia una reale necessità di imporre tavoli di co-progettazione con più soggetti o se non sia preferibile incentivare lo sviluppo di reti tra gli enti, anche di dimensioni diverse, attraverso le modalità di partecipazione o i criteri premiali dell’avviso. Qualora si scelga la strada proposta dalle Linee guida, le amministrazioni dovrebbero quantomeno impegnarsi a definire in anticipo i criteri di ripartizione delle risorse (come vorrebbe l’art. 12, l. n. 241/1990) e a gestire attivamente il coordinamento del tavolo, senza lasciare che siano esclusivamente gli enti partecipanti a occuparsene.

Accortezze da avere se il tuo ente partecipa alla co-progettazione

Gli enti del Terzo settore che si accingono a partecipare a un’istruttoria per la co-progettazione, dal canto loro, dovrebbero sempre verificare con attenzione se l’avviso contempli l’ipotesi del tavolo con più soggetti e, nel caso, valutare consapevolmente la propria partecipazione alla procedura. Al momento della partecipazione ai tavoli, poi, è importante essere pronti a insistere che si mettano il prima possibile nero su bianco le responsabilità di ciascun partecipante nella successiva gestione e rendicontazione del servizio.

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Avv. Aurora Donato

Assistenza e consulenza legale agli enti del Terzo Settore nell’ambito del diritto amministrativo e dei rapporti con la pubblica amministrazione.



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